MICHELOZZO DI BARTOLOMEO MICHELOZZI

Lo storico dell’arte Alessandro Parronchi fece una volta notare in un suo articolo come certe etichette create dagli storici stessi – basti pensare a parole come “Tardogotico” o “Rinascimentale”- abbiano finito col nuocere all’immagine di alcuni artisti che, pur aperti alle straordinarie novità del XV secolo, elaborarono sculture, pitture o architetture nelle quali fecero confluire, accanto al pensiero umanista, elementi desunti dall’arte classica e anche dalla cultura tardogotica.
Michelozzo è tra le vittime di questa mania “etichettatrice”. Brunelleschi, Donatello e Masaccio costituiscono infatti le avanguardie di un movimento che ha molte sfaccettature e che ha al suo interno personalità come Michelozzo e il Beato Angelico che, rispetto ad altri non ebbero per questo capacità mediocri o scarsa ricettività alla cultura umanista: molto più semplicemente questi artisti elaborarono un linguaggio diverso, una mediazione tra la ricerca del vero e l’eleganza tardogotica, tra prospettive scientifiche e stilemi arcaizzanti. E’ da questo mix sapientemente elaborato che sono nati capolavori come le Porte del Paradiso del Ghiberti, il Tabernacolo dei Linaioli dell’Angelico e l’affresco con la Resurrezione di Tabita di Masolino da Panicale alla Cappella Brancacci, tanto per fare qualche esempio illustre.
Forse sarebbe opportuno vedere l’umanesimo come un grande movimento culturale prima ancora che artistico-figurativo, all’interno del quale, accanto a Brunelleschi, Donatello e Masaccio, operarono artefici che dettero luogo a manifestazioni artistiche con sfumature diverse ma appartenenti tutte alla medesima cultura.
E’ noto che Michelozzo ebbe con Cosimo il Vecchio un rapporto privilegiato: lo seguì nel suo esilio a Venezia, gli costruì il Palazzo di Via Larga, trasformò antiche strutture militari nelle ville del Trebbio, di Careggi e di Cafaggiolo, rifece la chiesa e il convento di San Marco, La Badia di Fiesole, aggiunse eleganti cappelle a Santa Croce, a San Miniato, alla SS. Annunziata… ma Michelozzo fu qualcosa di più che l’architetto personale di Cosimo de’ Medici: fu un suo amico intimo. Lo seguiva sempre nei suoi soggiorni a Cafaggiolo in compagnia di altri intellettuali umanisti come Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini e assieme a loro leggeva i classici latini. In un circolo come quello mediceo l’eloquenza era una delle materie che divennero oggetto di studio assiduo e tra i maestri dell’elequenza Cicerone era considerato la summa di tutti i maestri. La gravitas e la varietas, capisaldi di tutta l’estetica di Michelozzo, sono concetti tipicamente ciceroniani: Michelozzo li assorbì al pari di Leonardo Bruni, di Poggio Bracciolini e dello stesso Cosimo. Per questo motivo Michelozzo non può essere considerato “meno”rinascimentale di Filippo Lippi o del Verrocchio.
Se consideriamo il Crocifisso ligneo scolpito per San Niccolò Oltrarno e quello d’argento per il tesoro di San Lorenzo, si nota immediatamente quel senso di gravitas reso con l’ausilio di stilemi arcaici. Si tratta di una gravitas solenne e composta come la si ritroverà alcuni anni dopo nelle statue bronzee di Donatello per l’Altare del Santo a Padova.
Il Vasari ci fa sapere che Michelozzo era un grande esperto nel fondere i bronzi. Non c’è da dubitarne: la sua prima formazione fu presso la zecca, dopodichè andò a scuola dal Ghiberti, altro grande maestro nell’arte della fusione. Se Donatello lo volle come “chompagno” durante un decennio, certamente influì la convenienza nel collaborare con un grande tecnico della fusione, ma non può essere questa l’unica ragione: i due collaborarono a tre monumenti funebri(oggi a Firenze, a Montepulciano e a Napoli), all’Annunciazione in Santa Croce e al Pulpito del Duomo di Prato, ma i due si recarono assieme anche per un soggiorno di studio a Roma. Un così stretto rapporto sarebbe impensabile se Donatello non avesse visto in lui una comunità d’intenti.
In molti casi la differenza tra la scultura di Michelozzo compagno di Donatello e suo collaboratore, e la scultura di Michelozzo come lavoratore autonomo risulta rilevabile proprio grazie alla diversa percentuale di gravitas che si nota.
Il San Giovanni Battista per l’altare argenteo del Battistero fiorentino, il Crocefisso di San Niccolò Oltrarno, alcuni rilievi del Monumento Aragazzi a Montepulciano o la Madonna col Bambino del Bargello hanno tutte in comune la gravitas dell’eloquenza di Cicerone. Tutti gl’intellettuali della cerchia medicea videro la gravitas come un mezzo per esprimere profondità di pensiero e di sentimento, oltre che austerità e severità d’espressione sul piano formale.
Questa sua filosofia ciceroniana dovette essere pienamente condivisa da Cosimo il Vecchio e può solo essere questo il motivo per cui scelse Michelozzo per edificare tutte le sue dimore sia cittadine che rurali.

palazzo-medici-riccardi
Tra tutte spicca ovviamente il grande Palazzo Medici di Via Larga che, come molti studiosi hanno fatto giustamente notare combina numerosi elementi desunti sia dall’architettura classica che da quella medievale: sono medievali le finestre a bifora e la decorazione della cornice marcapiano, del tutto simili a quelle di Palazzo Vecchio, cosí come medievale è l’alto muro che cinge il giardino, ma sono romani molti elementi architettonici. Il risultato é pero assolutamente rinascimentale: sia per la disposizione del palazzo intorno al cortile che, secondo i dettami dell’Alberti doveva costituire il vero cuore del palazzo attorno al quale tutto il palazzo doveva in un certo senso ruotare, e rinascimentale era pure la posizione ad angolo tra la via Larga e la Via de’Gori, una posizione atta a sancire quel senso di decoro che Cicerone e Seneca consigliavano per le dimore dei personaggi importanti del loro tempo, secondo quei filiosofi stoici quegli ideali di identitá e virtú civica di un cittadino che come Cosimo partecipava alla vita repubblicana della cittá dovevano necessariamente riflettersi. Cicerone raccomandava che un palazzo privato dovesse avere come scopo principale quello della funzionalitá, ma aggiungeva che si doveva peró prestare molta attenzione alla comoditá e alla dignitá E’vero che ancor prima di Cicerone giá Platone Aristotele e Tucidide avevano dato indicazioni riguardo a come dovesse essere la casa di un cittadino illustre del calibro di Cosimo, ma é noto che furono soprattutto i testi di Cicerone che influenzarono il pensiero e la vita di Cosimo, e cosí, giá la posizione del palazzo posto a spigolo sulla via principale della cittá, la via Larga, a due passi dal Duomo, gli avrebbe conferito quell’aria di decoro e d’importanza che uno come Cosimo non avrebbe certo tralasciato di dare a intendere ai suoi concittadini.
Michelozzo inizió la costruzione del Palazzo negli anni ’40, piú o meno all’epoca della morte del Brunelleschi. Combinando elementi di architettura classica e medievale con i nuovi concetti che Leon Battista Alberti andava giá elaborando nel suo ”De re edificatoria”Michelozzo dá luogo a un risultato straordinario. Gli altri architetti fiorentini, almeno quelli fino all’ultimo decennio del secolo, non si scostarono mai dalla ripetizione degli stilemi di Brunelleschi e dell’Alberti. In particolare quest’ultimo, grazie anche al suo De re edificatoria che andò a costituire un vero e proprio manuale di architettura, ebbe un’influenza enorme su architetti come Bernardo Rossellino e Benedetto da Maiano, e anche sull’attivitá giovanile di Giuliano da Sangallo e del Cronaca. L’opera architettonica di Michelozzo risulta invece nettamente più originale: infatti pur non mancando di attingere ai dettami dell’Alberti, Michelozzo, grazie alla sua assidua frequentazione con Cosimo il Vecchio e con tutti gl’intellettuali della sua cerchia, aveva ben presente quando edificava quelli che erano i concetti dei poeti e dei filosofi classici, in particolare Cicerone, e, grazie a un assiduo studio dell’opera di Brunelleschi e dell’Alberti seppe tradurre in muratura quei concetti e quelle idee.
Qui sotto vi propongo un’altra veduta dello stesso palazzo. E’ tratta da un quadro di Francesco Granacci e ci mostra il palazzo esattamente come Michelozzo lo aveva concepito: cioè senza l’aggiunta delle ultime sette finestre, un’aggiunta voluta dai nuovi proprietari i Riccardi che nel loro desiderio di ampliare il palazzo andarono a infrangere quei calcolati equilibri che mettevano in relazione tra loro i differenti elementi architettonici.

palazzo via larga
Per questo motivo Michelozzo va a buon diritto giudicato tra i grandi artisti del rinascimento, soprattutto come architetto, ma anche nella sua meno conosciuta veste di scultore e di orafo.

MICHELOZZO DI BARTOLOMEO MICHELOZZIultima modifica: 2020-10-07T03:33:07+02:00da raffaello115
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