LA MADDALENA DI DONATELLO

Il Donatello che, dopo il decennio trascorso a Padova, torna a Firenze negli anni ’50 è un uomo stanco, prossimo ai settant’anni e fisicamente troppo debole per poter ancora scolpire il marmo, ma la sua straordinaria potenza creativa è ancora intatta.
In quegli anni di assenza da Firenze c’è un giovane scultore che sembra “tener lo campo”: Desiderio da Settignano. Da Antonio Rossellino a Benedetto da Maiano fino a Mino da Fiesole, quasi tutti i maggiori scultori sembrano conquistati dalla sua grazia, dalla sua eleganza e dal suo incredibile virtuosismo tecnico. Persino lo stiacciato, invenzione di Donatello, ha trovato in Desiderio l’artista capace di portarlo alla perfezione.
A quel punto l’anziano Donatello non si sente scalzato dal giovane collega, sa che la sua debolezza fisica non gli consente di misurarsi con i virtuosismi tecnici del giovane settignanese e allora… è a quel punto che Donatello elabora la sua ultima rivoluzione: il non-finito. Abbandonato il marmo per dedicarsi al legno e soprattutto al bronzo, Donatello inizia a rendersi conto che il non terminare e il non rifinire e levigare le superfici può produrre figure cariche di una maggior forza espressiva: con il non finito si può dare un carattere più risoluto a un Cristo sofferente, a una Madonna piangente o a una Maddalena penitente. Certo, fin da giovane Donato aveva cercato di esaltare l’espressione, il dolore, la forza, magari anche la forza interiore…
Magari la storiella di Brunelleschi che avrebbe rimproverato l’amico per aver crudelmente “messo in croce un contadino” potrebbe anche esser falsa, ma è certo che già in quel Cristo in Santa Croce Donatello dimostra un non comune interesse per le forzature espressionistiche e a quasi mezzo secolo di l’artista si ripete, ma stavolta ha una risorsa in più: il non-finito.
Donatello è un uomo troppo semplice per dare al non-finito quella valenza filosofica che ritroveremo mezzo secolo dopo in Michelangelo, ma è con il non-finito che le figure e le espressioni si caricano di forza…
Poi l’Opera del Duomo gli commissiona una Maddalena lignea per il Battistero… La Maddalena, come si sa, era una prostituta che era stata redenta da Gesù e che aveva poi vissuto il resto della sua vita rinunziando a ogni forma di mondanità per dedicarsi alla preghiera, alla penitenza, alla meditazione e al digiuno. Donatello sceglie di raffigurare proprio “quella” Maddalena, non più la donna abituata a fare commercio del proprio corpo, bensì la Maddalena oramai anziana che a forza di digiuni e penitenze ha completamente perduto il suo fascino femminile per acquisire un altro tipo di bellezza: quella spirituale. Eppure era stato Donatello il “resuscitatore” della bellezza idealizzata, quella del mondo greco-romano, ma Donatello rinuncia totalmente a ogni canone di bellezza classica per conferire alla statua un aspetto di brutale realismo: la sua è una Maddalena brutta, vecchia, sdentata e ossuta, gli anni di ascesi e di penitenza le hanno rubato la sua bellezza (l’artista le lascia comunque due bellissimi occhi cerulei), ma se la sua bellezza fisica si è oramai guastata dai tanti digiuni, la santa ha oramai accumulato una bellezza che va oltre la vita terrena. Con il gesto semplice e spontaneo delle due mani nell’atto di giungersi in preghiera, Donatello dà vita a un’altra Maddalena: quella che non piace agli uomini ma a Dio.
Per questo, pur vecchia e debole (come lui) la Maddalena ha ancora una grande forza interiore, una forza che l’artista ottiene grazie a un modellato in apparenza sommario per le poche rifiniture, ma carico di tensione emotiva.
Per questo motivo la Maddalena, terminata nel 1455 ed attualmente esposta all’Opera del Duomo di Firenze è uno dei lavori più poetici dell’anziano scultore fiorentino che tuttavia non si fermerà a questo esperimento e continuerà ancora a realizzare opere sempre meno levigate, sempre meno perfette, sempre meno definite nei dettagli ma sempre più cariche di emozioni.

Dal 1464 si dedicherà ai due pulpiti bronzei di San Lorenzo, ove gli esiti poetici del suo non-finito raggiungeranno forse l’apice. In quei due pulpiti Donatello è ancora più vecchio e malato: a 78 anni è debole anche di vista, e per scolpirli dovrà appoggiarsi al Bellano e a Bertoldo di Giovanni, ma anche se la sua vista lo ha quasi del tutto abbandonato, Donato aveva comunque ben presente davanti ai suoi occhi chiusi quelli che sarebbero stati gli esiti del suo lavoro. Un po’ come Beethoven che compose da sordo la nona sinfonia, ma nella sua mente era capace di riprodurne la melodia…

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LA MADDALENA DI DONATELLOultima modifica: 2021-10-26T05:58:22+02:00da raffaello115
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