UNA SPLENDIDA POETICA MAESTA’

Coppo_di_Marcovaldo._Madonna._1250-60_Santa_Maria_Maggiore,_Florence.
Ricordo che una volta mentre conducevo una visita guidata in Santa Maria Maggiore a Firenze, si aggregò al piccolo gruppo un visitatore non pagante: era il sacrestano della chiesa che mi parve molto interessato alle mie spiegazioni, in particolare a quelle relative alla Maestà bizantina che si trova nella cappella absidale di sinistra.
 
L’antica immagine di quella Madonna in trono con il Bambino è caratterizzata da alcuni elementi del tutto particolari ed unici nel panorama fiorentino: le figure della Madonna e del Bambino dall’aureola fortemente aggettante si presenta in rigida posa in posa frontale, ieratica, mentre che in basso appaiono, dipinte sul piano, le scene dell’Annunciazione e delle Marie al Sepolcro; l’ampia cornice è invece decorata con le figure dei dodici apostoli intervallati da borchie in rilievo.
Il rilievo unito alla pittura è presente lo si trova in Toscana a Lucca nel secolo XII ed a Siena con il cosiddetto “Maestro di Tressa” già dagli inizi del Duecento.
Ricordo ancora come a fine visita il sacrestano volle intrattenermi per esprimermi le sue opinioni riguardo a quella Madonna. A lui quella Madonna per come era stata restaurata non piaceva affatto. Mi fece vedere delle immagini di come era prima del restauro e mi disse: “Guardi qua, professore, guardi che occhi dolci e sfumati che aveva… Adesso invece con quei colori così forti mi sembra quasi una matrioska russa”. Certo, lui parlava da fedele, non da storico dell’arte, e da fedele devo ammettere che quella madonna per come la si vedeva prima poteva di certo ispirare i sentimenti religiosi di un credente. In realtà però il restauro ci ha restituito i colori per come erano un tempo, prima che secoli di fumo proveniente dalle candele fosse andato ad annerire (non a sfumare) il ductus pittorico.
Tra l’altro il restauro ha portato anche a una scoperta che non esito a definire eccezionale:
il forte aggetto delle teste della Vergine e del Bambino è dovuto al fatto che contenevano in apposite cavità delle reliquie, che sono state rinvenute ancora in situ, contenute in due pacchettini di seta e dotate di un cartiglio con un’iscrizione “Lignum sanctae crucis nec non et / reliquiae sancti (…)” che all’esame paleografico si è rivelata essere stata redatta nell’Italia Centrale tra il 1125 e il 1175.
Questo ritrovamento all’interno dell’opera stessa ha portato a rivedere l’attribuzione e la datazione che fino a quel momento era stata riferita all’attività Coppo di Marcovaldo che l’avrebbe eseguita poco dopo la metà del XIII secolo, o in alternativa era stato fatto anche il nome di Meliore di Jacopo.
La scoperta dell’iscrizione sposta invece la datazione di un secolo addietro, a un’epoca cioè della quale non si hanno ancora notizie ne tanto meno nomi di pittori attivi in ambito fiorentino.
UNA SPLENDIDA POETICA MAESTA’ultima modifica: 2021-10-11T23:47:10+02:00da raffaello115
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