FILIPPO E DONATO, DUE AMICI CHE LITIGANO

donat
Il rapporto di amicizia che Donatello e Brunelleschi instaurarono a partire almeno dal 1402, quando il primo aveva appena 16 anni e il secondo ne aveva 25, rapporto protrattosi poi durante altri quattro decenni, è un rapporto che mi ha sempre incuriosito. Si è trattato infatti di un vincolo fecondissimo durante il quale i due maggiori artefici del Rinascimento studiarono insieme con entusiasmo la statuaria classica a Roma per poi proseguire negli anni seguenti confrontandosi, consigliandosi, talora scontrandosi tra loro. Si può dar credito all’aneddoto vasariano secondo il quale Filippo avrebbe rimproverato Donato di aver crudelmente “messo in croce” un contadino, oppure si può liquidare l’episodio come una delle tante geniali trovate con cui biografo aretino vivacizzava le biografie degli artisti, ma l’aneddotica del Vasari mette in luce un forte legame di amicizia e di lavoro tra Donato e Pippo e al tempo stesso esemplifica la diversità che i due avevano nel concepire l’estetica di un’opera d’arte. Prendendo per buona la storia dei due crocifissi eseguiti in concorrenza, questa può avere un senso soltanto se collocata in una fase giovanile dell’attività di Donatello, cioè entro il primo decennio del XV secolo, più tardi sui palchi della Sacrestia Vecchia di San Lorenzo, Donatello, già artista maturo e forte del prestigio di cui godeva presso Cosimo il Vecchio, si ribellò e anziché fare ammenda impose il suo concetto, la sua prospettiva, una prospettiva quasi illimitata che andava a “sfondare”le superfici piane e misurate appena edificate. A San Lorenzo Donatello volle imporre quasi la riscossa della scultura fino ad allora confinata a Firenze a un ruolo quasi secondario di semplice decorazione dell’architettura(per di più faticosa per essere quella fiorentina la più geometrica di tutte le architetture) arrivando praticamente a invertire il tutto: non più scultura in funzione dell’architettura, bensì l’architettura che diventa un contenitore per le sue sculture…
Tra i due il leader fu certamente Brunelleschi che, una volta scoperta la sua vocazione di architetto, non esitò a riconoscere in Donatello e in Masaccio i due artefici che meglio di chiunque altro avrebbero potuto riempire con le loro sculture e pitture, i suoi stessi progetti architettonici che andava in quegli anni edificando. Certo, è possibile che, almeno al principio, entrambi i giovani artisti “bevvero”avidamente le parole di colui che consideravano più che un maestro una guida spirituale, poi però Donatello si ribellò. Masaccio morì prematuramente e non ne ebbe il tempo.
Il rapporto tra il grande scultore con il suo più caro amico dovette certamente avere più di una battuta d’arresto fino al litigio di San Lorenzo che portò alla definitiva rottura e al conseguente soggiorno padovano di Donato, e al suo ritorno Pippo era già morto. Due personalità fortissime, due galli nel pollaio che non potevano più coesistere, eppure nonostante il loro orgoglio e la loro altezzosità dovettero continuare a volersi bene, come due amanti traditi che non riescono a smettere di pensarsi l’un l’altro. Ne è prova il sonetto che Filippo compose durante l’assenza dell’amico nel quale sembra voler fare la pace:

Dimmi, Donato, senza alcun ritegnio:
Chi più di loda degnio:
Cholui che in lizza suona il serpentone
O cholui che più cozza a paragone?
Ma tu che sì ti gomphi
de’ tuoi tanti triomphi,
fa tacer quella gente sì loquace,
et opera con pace;
a lora sì coglierai a manate
le lodi più presiate,
poi che tu serai quel, che a te pertiene
te farai el tuo bene.

Filippo, tra le tante altre cose fu anche poeta… Non sappiamo se anche Donato avesse mai composto poesie, di certo però la poesia doveva essergli nota: in casa del suo amico Cosimo il Vecchio la poesia la si respirava a pieni polmoni. Filippo sapeva che con Cosimo, con l’Alberti, con Michelozzo, Marsilio Ficino e tanti altri anche Donato conosceva la poesia classica, così come conosceva gli scritti nei quali Seneca e Cicerone esaltavano i valori dell’amicizia. Quella di Filippo nel suo sonetto suona quasi un’invocazione a non rinunciare a quell’amicizia. Anche se quei tondi in stucco modellati dal suo amico sulle pareti della Sacrestia Vecchia a Filippo proprio non andarono mai giù. Ma in fondo Donato aveva già in qualche modo reso omaggio al suo amico: raffigurandolo in uno dei profeti scolpiti per il campanile di Giotto.

FILIPPO E DONATO, DUE AMICI CHE LITIGANOultima modifica: 2020-05-27T22:01:15+02:00da raffaello115
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