UN TABERNACOLO QUASI IGNOTO CI RACCONTA UNA STORIA

“Madonna con il bambino – Affresco – Ignoto senese del XIV secolo”

Questa breve descrizione si trova sotto un tabernacolo affrescato posto in Via del Sole. L’attribuzione, pur a un generico maestro, é assolutamente ineccepibile: quell’affresco con la Madonna, purtroppo in non perfetto stato di conservazione, ma comunque leggibile, é indubbiamente di un pittore gotico, del XIV secolo, probabilmente della prima metá, e quei tratti di dolcezza e di malinconica serenitá sui due volti non possono che far pensare a un artista proveniente da Siena. Un pittore probabilmente non tra i piú celebrati, ma nemmeno un mediocre.

tabernacoloviadelsole

Ma cosa ci faceva un pittore senese nella prima metá del secolo in una cittá come Firenze, cosí ostile alla sua, una cittá dove poteva esser visto come sospetto, proprio in quel periodo in cui Firenze e Siena erano cosí apertamente in guerra tra loro? Entrambe troppo grandi, troppo ricche e ambiziose e soprattutto troppo vicine tra loro, i rapporti diplomatici tra Firenze e Siena erano davvero ridotti al minimo. Nel 1260 a Montaperti i senesi avevano inflitto una severa sconfitta agli ambiziosi progetti di supremazia di Firenze. Ma dopo quella sconfitta Firenze era tornata a farsi minacciosa.
Negli anni attorno al 1260 il pittore di riferimento a Firenze era ancora Coppo di Marcovaldo, ma nel giro di tre decenni le cose sarebbero cambiate. Quando infatti si legge nella Divina Commedia “Credea Cimabue en la pittura tener lo campo/Ed ora ha Giotto il grido/Sí che la fama di colui é oscura” Dante non fa altro che registrare quei cambiamenti di tendenza che si verificarono nella pittura fiorentina nell’ultimo decennio del XIII secolo. Dopo Coppo di Marcovaldo infatti, Cimabue aveva completamente rinnovato la pittura: era indiscutibilmente il pittore piú stimato e piú richiesto in tutta Italia, ma proprio nella sua attivissima bottega era cresciuto Giotto, cioé colui che sarebbe diventato nel giro di pochi anni il protagonista assoluto della scena artistica italiana. La fama di Cimabue doveva raggiungere il suo apice verso il 1285, quando si ha notizia di diversi pittori stranieri che risiedono a Firenze. Nel 1285 Cimabue era appena tornato a Firenze dopo il primo ciclo di lavori alla Basilica di San Francesco ad Assisi, e il fatto che pittori romani e senesi soggiornino a Firenze a partire da quella data significa che quei pittori chiamati a lavorare ad Assisi erano rimasti profondamente impressionati da quella tecnica straordinaria di Cimabue, ed erano andati a Firenze per studiarsi quella pennellata fatta di sottili filamenti di colore messi uno accanto all’altro, per studiarsi quella strana maniera che aveva Cimabue di dipingere in strati sovrapposti di colore, quella tecnica cosí personale che aveva dato luogo a capolavori come il Crocefisso di Santa Croce e la Madonna con il Bambino di Santa Trinita. Tra quei pittori che a partire dal 1285 fecero di Cimabue l’artista da studiare e imitare vanno citati i romani Jacopo Torriti e Pietro Cavallini, l’oramai anziano Coppo di Marcovaldo che aveva cercato anche lui di aggiornarsi alla maniera di Cimabue, e assieme a Coppo anche la sua bottega nella quale lavoravano il figlio, Salerno di Coppo, e Manfredino d’Alberto, Tra i tanti c’era anche il padre della pittura moderna senese: Duccio di Boninsegna. Anche lui doveva aver avuto la possibilitá di aver visto Cimabue e aveva deciso di recarsi a Firenze per poter carpire i segreti della sua arte.
La presenza di Duccio a Firenze é testimoniata da un documento, un contratto d’affitto che ci dimostra inequivocabilmente come Duccio risiedesse a Firenze nel 1285, in una casa vicina al tabernacolo in questione, presa in affitto dalla Compagnia dei Laudesi di Santa Maria Novella. Furono quelli anni decisivi per la pittura fiorentina, con la contemporanea presenza di Duccio di Boninsegna e Cimabue, probabilmente i due migliori artisti del panorama italiano, con entrambi che avevano qualcosa da insegnare l’uno all’altro, mentre che proprio in quella stessa bottega un ragazzo di origine mugellana, di nome Giotto, stava per rivoluzionare la pittura. Duccio seppe far tesoro di quanto aveva da imparare da due artisti di quel calibro: lo dimostra chiaramente in quelle uniche due opere che ci sono pervenute del suo soggiorno fiorentino, e cioé la monumentale Madonna Rucellai e i frammentari affreschi scoperti nella Cappella dei Laudesi in Santa Maria Novella. Ma nelle opere successive, quelle che Duccio eseguí dopo il suo soggiorno fiorentino, Duccio mostra di allontanarsi dalla pittura di Cimabue per avvicinarsi invece al linguaggio piú immediato di Giotto. Nella spettacolare Maestá eseguita per la Cattedrale di Siena, pur senza rinunciare a quell’eleganza garantita dal segno grafico, un’eleganza tutta senese, Duccio dimostra di aver acquisito un senso dei volumi assolutamente giottesco, una rappresentazione della scena piú reale, non piú filtrata dai codificati stilemi bizantini… In poche parole, il Duccio che torna a Siena non é piú lo stesso: l’incontro con Cimabue e poi quello con Giotto lo hanno forse reso il miglior pittore d’Italia. E’noto che Duccio fu pittore stimatissimo a Siena e nella sua bottega si formarono con tutta probabilitá anche quei pittori che raccolsero poi la sua ereditá: Simone Martini, Lippo Memmi, Pietro e Ambrogio Lorenzetti. Anche alcuni dei suoi figli e nipoti furono pittori, tra loro mi piace ricordare Segna di Bonaventura. Ritengo assolutamente verosimile che un maestro come Duccio, nell’incitare un suo talentuoso alunno a migliorare, gli abbia consigliato di recarsi a Firenze, una cittá ostile a Siena, ma era la cittá dove si potevano vedere i lavori di Cimabue e di Giotto, dove si potevano ammmirare anche alcuni tra i suoi migliori seguaci come Taddeo Gaddi e Maso Di Banco. Ecco dunque che a partire da Duccio s’inagura quell’abitudine dei pittori senesi di recarsi a Firenze per aggiornarsi, un’abitudine che, nonostante l’inasprirsi del conflitto tra Firenze e Siena non sparisce mai. Forse era senese anche quell’ignoto maestro che, presumibilmente verso il 1295 dipinse la Madonna con il Bambino di San Remigio a Firenze, ma non avendo notizie dell’artista potrebbe anche essere che si trattasse di un fiorentino suggestionato da Duccio. Naturalmente si é cercato di ricostruire, sulla base di pochi e lacunosi documenti, il soggiorno fiorentino dei maggiori artisti senesi: di Simone Martini e dei fratelli Lorenzetti, ma c’é da chiedersi quanti altri pittori, molto meno famosi (anche perché meno bravi) hanno trascorso a Firenze quel periodo necessario per apprendere quanto si poteva. Del resto i senesi non erano gli unici: a Firenze, tutti gli artisti stranieri erano i benvenuti. Per un fiorentino a Siena sarebbe stato piú difficile lavorare: il comune di Siena prevedeva una tassazione piú alta per tutti quei cittadini che avessero deciso di usufruire delle prestazioni di un artista straniero. A Firenze invece non c’erano restrizioni. Quel “Johannes Comensis” citato in un documento dell’Arte dei Medici e Speziali, altri non é che colui che gli storici dell’arte chiamano Giovanni da Milano, forse il piú importante pittore di tutto quel periodo che va dalla morte di Giotto alla prima attivitá di Masaccio. Giovanni da Milano era a Firenze giá dal 1340 circa, e con l’interruzione della peste del 1348, visse a Firenze quasi tutta la sua vita.
Per tornare al Tabernacolo di Via del Sole, l’affresco mi sembra abbastanza povero per poterlo attribuire a un maestro senese importante: ha una grazia che lo avvicina ad alcune delicate Madonne di Simone Martini, ma non puó essere della stessa mano. Non é nemmeno dei fratelli Lorenzetti, la cui attivitá fiorentina si é comunque sia pur lacunosamente ricostruito, deve quindi trattarsi di un pittore meno importante, o comunque ancora in via di formazione, un pittore che doveva in ogni caso godere di un certo credito, considerando che a Firenze i senesi non erano proprio amatissimi… Probabilmente non sapremo mai chi possa essere stato l’autore di questo tabernacolo: si tratta sicuramente di un senese, uno dei tanti che puó aver soggiornato a Firenze in una data tra il terzo e il quinto decennio del XIV secolo, ma anteriore al 1348. Giá, quello fu l’anno della peste nera, quella che flagelló le due potenti cittá riducendo a un terzo la loro popolazione. Ma dopo quella peste Firenze seppe nuovamente risollevarsi, mentre che per Siena la ripresa fu molto piú faticosa. Il “pellegrinaggio professionale” dei pittori senesi a Firenze non s’interruppe nemmeno dopo la peste, e continuó ancora nel rinascimento. Ma a quel punto oramai il gap tra le due cittá era diventato incolmabile: e non soltanto da un punto di vista artistico.
Nella stessa Via del sole, proprio sullo sprone con Via delle Belle Donne, c’é poi un altro tabernacolo altrettanto interessante…e con altre storie da raccontare…

UN TABERNACOLO QUASI IGNOTO CI RACCONTA UNA STORIAultima modifica: 2020-04-28T01:50:23+02:00da raffaello115
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