DUE TORRI, DUE SIMBOLI

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Queste due torri che caratterizzano il panorama fiorentino non potrebbero essere più diverse l’una dall’altra.
Una è l’emblema del potere politico, l’altra simboleggia il potere religioso. Una è in pietra forte, massiccia e austera, l’altra, coperta di marmi bianchi, verdi e rosa si eleva sui cieli fiorentini con la delicatezza di un ricamo.
Entrambe hanno però padri nobili. La prima è nota come torre di Arnolfo, in quanto creazione del geniale architetto/scultore Arnolfo di Cambio. L’altra di padri ne ha avuti addirittura tre: Giotto, Andrea Pisano e Francesco di Simone Talenti.
La torre di Arnolfo esisteva in realtà già prima. Quando Arnolfo di Cambio fu incaricato di costruire il Palazzo dei Priori nel 1299, lo costruì proprio attorno a quella torre, la Torre della Famiglia fiorentina dei Foraboschi. Arnolfo non si limitò ovviamente a “riciclare” quella vecchia torre: ne aumentò l’altezza ingentilendone appena le forme con beccatelli e sergozzoni, e aggiungendovi le merlature, sia quelle di fattura ghibellina che quelli guelfi, a simboleggiare una pacificazione della città all’indomani della presa del potere da parte dei guelfi.
La torre campanaria della cattedrale ebbe invece una genesi un po’ più articolata. Fu costruita a partire dal 1334 da Giotto. Il campanile della vecchia chiesa di Santa Reparata era appena crollato durante i lavori della nuova cattedrale e, con i lavori ancora in corso, fu incaricato Giotto di costruire un nuovo splendido campanile. Perché tanta urgenza? Semplice: l’attuale piazza del Duomo si trovava un tempo proprio a ridosso del lato nord delle mura cittadine, ma proprio in quegli anni in cui Firenze stava conoscendo la sua massima espansione, le mura erano state spostate oltre un chilometro e mezzo più a nord. Prima da fuori le mura si poteva vedere il Battistero che simboleggiava la città, ma con lo spostamento delle nuove mura il Battistero non lo si vedeva più. Di qui la necessità di dotare la città di un nuovo simbolo che fosse visibile anche da lontano. E il risultato fu spettacolare. Morto Giotto nel 1337, i lavori furono proseguiti da Andrea Pisano prima e da Francesco di Simone Talenti poi. Ma entrambi gli architetti non si limitarono a seguire i progetti del grande Giotto: entrambi vollero dare il proprio contributo anche in fase di disegno e progettazione. Ne venne fuori così questo capolavoro per la cui realizzazione furono spesse somme ingentissime, soprattutto per il rivestimento marmoreo che è quasi un mosaico di marmi intarsiati che vanno a disegnare splendide geometrie…
Grazie dunque ad Arnolfo, a Giotto, ad Andrea e a Francesco, ma un grazie lo merita anche Anna Verdorfer che mi ha gentilmente concesso di utilizzare questa foto, ripresa dalle alture del Giardino Bardini e nella quale ha coreograficamente inserito quella grande anfora da giardino che sembra quasi voler dividere le due torri, quasi a segnare il confine tra il potere politico e quello religioso, come a volerci ricordare il messaggio evangelico “date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di DIo”.

 

Un grazie ad Anna Verdorfer per avermi concesso l’utilizzo della sua fotografia.

DUE TORRI, DUE SIMBOLIultima modifica: 2020-02-27T03:28:16+01:00da raffaello115
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